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EPISODI DI EDILIZIA NOBILIARE OTTOCENTESCA

Palazzo Navarra, Marsico Nuovo (PZ)

"Quel ramo degli Appennini, che staccandosi dal Carmine di Avigliano attraversa la parte occidentale della Lucania, giunto agli alti monti della Maddalena, divisosi in due rami, dà inizio alla bella e fertile pianura marsicana, detta così dalla città di Marsico, che la signoreggia". Così, manzonianamente, esordisce il Ventre nel narrare la storia di Marsiconuovo, situata su tre "amene" coline (Civita, Portello e Casale), con un clima temperato e salubre e, soprattutto, con "tutti quei requisiti che Vitruvio stimava necessari onde buona poter dirsi una città".
Il panegirico - è tale l'impressione che se ne ricava - ha la sua degna conclusione nell'indicazione del prestigioso anagramma "Sic Roma", composto da "un bell'ingegno patriottico" (Ventre non dice quale), per la posizione della cittadina sulle tre citate colline.
Prescindendo da questa viscerale descrizione, che sicuramente ha del vero, si assevera la ragguardevolezza della città sin dalle probabili antiche origini di "ver sacrum", ossia terra di conquista - latu sensu - di una colonia di Marsi, stabilitasi in Lucania non si sa quando, che fondò e nominò la città di "Abellinum Marsicum", menzionata dagli antichi geografi e storiografi (Strabone, Plinio, Antonini etc.), per giungere, attraverso deprecabili vuoti di storia, in Altomedioevo che la vede insignita della sede Vescovile ed infeudata dai numerosissimi Conti e Principi, a cominciare dai potenti dinasti longobardi e via discorrendo sino alla eversione della feudalità (1806).
In definitiva il piccolo centro lucano vivrà la stessa storia della regione, notoriamente contesa da Goti, Bizantini, Longobardi e Saraceni (sul versante
orientale) fino alla conquista normanna dell'XI sec. che porrà fine agli scontri determinando una proficua ed illuminata "pax" che si raffermerà nel XII sec. ad unificazione avvenuta del Meridione d'Italia in un unico vasto dominio. Il successivo periodo federiciano segnerà l'acme politico-culturale della regione - all'epoca giustizierato di Basilicata - che inesorabilmente decadrà durante le successive dominazioni fino a riproporsi dolentemente in seno alla Questione Meridionale che ancora oggi, per quanto l'espressione appaia anacronistica ed abusata, sembra distante dalla soluzione finale che è gravata da nuovi avvertiti nodi da sciogliere.

Neoclassicismo del palazzo Navarra

L'edificio in parola data la sua costruzione tra la fine del '700 e la prima metà dell'800, nel momento in cui la "Koinè" architettonica perveniva ad una tale crisi di creatività che persisterà sino agli inizi del XX secolo e che, pertanto, adotterà svariate ed alternative soluzioni di ordine neoclassico, romantico ed eclettico, generando un sincretismo di stili e, quindi, un mèlange di antico e nuovo così ritenendo di assolvere ai nuovi problemi ed esigenze di vita che venivano delineandosi. Si prospettava, in buona sostanza, un delicato quanto ineluttabile momento transitorio all'arte contemporanea, che si scinderà ovvero si dibatterà tra "razionalismo" e "novecentismo", quest'ultimo ancora intimamente legato all'architettura umanistica, scevra però in questo ultimo ricorso dei suoi tipici attributi ornamentali e decorativi (v., ad esempio, la "Chiesa di Cristo Re" di M. Piacentini in Roma e la "Scuola di guerra aerea" di R. Fagnoni in Firenze).
Tuttavia l'edificio lucano, coerentemente inserito nel contesto urbano caratterizzato da una sintassi architettonica pressoché omogenea, sembra prendere le distanze dal critico e, per certi versi, involutivo fermento artistico del momento per configurarsi nel suo carattere espressamente neoclassico, sobrio e severo con un contenuto accento eclettico.
Non accusa modifiche icnografiche né di struttura che, malgrado l'azione sismica dall'800 ad oggi, si è conservata sostanzialmente integra nei caratteri fisionomici di palazzo a corte centrale ed a quattro livelli discontinui per l'inserimento di tre ampie terrazze che, in qualche modo, stemperano la solennità della fabbrica.
Il fronte è caratterizzato da un sobrio portale archivoltato, inquadrato in un rettangolo con un assunto che richiama alla mente i noti portali durazzesco- catalani di Napoli e dell'Italia meridionale; in buona sostanza il portale mostra una definizione quattro-cinquecentesca tesa ad una sobria monumentalità, richiamata da una sorta di triglifi di un riesumato fregio dorico che in quel solo dato rivive, impreziosita dai capitelli corinzi diagonali con teste d'angelo e certamente raccordata nel bugnato rustico del basamento ed in quello levigato delle cantonate.
La surrichiamata combinazione d'arte è pure attestata dalle terrazze con balaustri a doppia e ad unica entasi, rispettivamente tipici del '400 fiorentino e del '500, con una netta prevalenza dei primi ed, ancora, dall'inserimento tutto cinquecentesco di sculture nella corte interna caratterizzata, per altro, da tre imponenti arcate che segnano l'ingresso ai piani superiori che in essa scenograficamente prospettano.
Il prospetto principale reca, inoltre, una serie di luci disposte con assialità e rigore neoclassico, pur presenti sui prospetti secondari in perfetto accordo col senso di simmetria che individua l'edificio, configurandolo quale complesso di nitida struttura e di sobria decorazione.
La preziosità dell'edificio è, infine, indicata dalla particolare ed originale ripresa di un modulo architettonico e decorativo insieme, particolarmente elegante e complesso, quello degli "entretacs", ossia degli archi intrecciati che frequentemente s'incontra nelle fabbriche religiose e nelle case patrizie dell'area amalfitana (v., ad esempio, la "Chiesa (a rudere) di S. Eustachio" a Pontone, "Villa Rufolo" etc.). Pertanto la concezione originaria del citato tema di matrice islamica, che è quella dell'intarsio murario a lastre laviche dicromiche, gialle e nere, è, nell'episodio lucano, completamente semplificata e trasposta in quanto quei raffinati giochi di compasso riguardano non già setti murari bensì la decorazione dei balconi in ferro battuto e lavorato dell'ampio frontone e del secondo ordine di balconi della corte, decorazione che inoltre comprende un altrettanto prezioso fregio greco a meandro.
È perciò evidente quella mistione d'arte di cui si diceva, nel segno di una sobrietà e di una eleganza così combinate da realizzare un pregevole prodotto architettonico.

Bibliografia

F. CIRELLI, Il regno delle due Sicilie descritto e illustrato, Napoli 1853.

L. VENTRE, La Lucania dalle origini all'epoca odierna vista e illustrata attraverso la storia della città di Marsiconuovo, Salerno 1965.


tratto da "BASILICATA REGIONE Notizie, 2000

Autore: Roberto Faggella

 

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